Molti di noi hanno sperimentato, nel corso della vita, disturbi localizzati al collo che il medico ha correlato a un’entità clinica misteriosa: la cosiddetta “cervicale”. In realtà tale termine non è del tutto esatto, o meglio si riferisce ad una condizione più correttamente chiamata “spondilosi cervicale degenerativa”. Quest’espressione (che deriva dal greco e si riferisce ad affezioni delle vertebre) indica gli inevitabili processi di danneggiamento che la nostra colonna vertebrale, in particolare il tratto più alto, subisce con il passare degli anni. L’involuzione è legata alle sollecitazioni meccaniche ripetute nel tempo e si verifica ineluttabilmente in tutti gli individui: studi di risonanza magnetica hanno stimato che tali alterazioni sono presenti nell’80-90% delle persone con più di 50 anni di età, ma è probabile che il processo inizi precocemente, fin dalle prime decadi di vita.
Nonostante la degenerazione si verifichi in pressoché tutti gli individui con l’età, non tutti hanno sintomi. Nel mondo, si stima che milioni di persone soffrano di spondilosi cervicale sintomatica, con una prevalenza nel genere maschile e un picco di incidenza tra i 40 e i 60 anni.
Come e perché si sviluppa
La colonna vertebrale è la struttura ossea che sostiene il corpo umano ed è formata da una serie di segmenti chiamati vertebre, concatenati tra loro attraverso un sistema di articolazioni e legamenti. Tra una vertebra e l’altra si trova una struttura chiamata disco intervertebrale, composta di tessuto fibroso-elastico, che ha il compito di distribuire il peso e di permettere il movimento entro limiti predefiniti. Il primo bersaglio della degenerazione cervicale sembra essere proprio il disco intervertebrale: con il passare degli anni tale struttura si deteriora e perde liquidi, diventando più secco e più “basso” (ecco una delle ragioni per cui, con l’età, tendiamo ad abbassarci). Come ulteriore conseguenza di questa disidratazione il disco intervertebrale può fissurarsi e la sua parte più interna (chiamata nucleo polposo) può fuoriuscirne, provocando la ben nota condizione di “ernia del disco”. Le conseguenze dell’erniazione possono essere dolore locale, compressione del midollo spinale e delle radici nervose.
Un’altra struttura che può essere interessata dalla degenerazione sono le vertebre stesse. Può verificarsi usura delle faccette articolari (i punti di contatto nell’articolazione tra una vertebra e l’altra), oppure possono realizzarsi vere e proprie dislocazioni come nel caso della spondilolistesi, lo slittamento di una vertebra su quella sottostante con possibili danni a carico del midollo spinale.
Le presentazioni cliniche
La spondilosi cervicale degenerativa può manifestarsi in molteplici forme. Il sintomo più comune è il dolore al collo: tale dolore si verifica di solito durante il movimento e si attuenua con il riposo, può essere localizzato oppure irradiarsi alle spalle, alla schiena o alla testa. Spesso, per chi ne soffre, è difficile definire il punto di origine del dolore: questo complica l’approccio diagnostico e terapeutico, il quale varia a seconda che il male derivi dal disco intervertebrale, dalle faccette articolari oppure dalle strutture muscolari e legamentose adiacenti.
Un’altra presentazione della spondilosi cervicale è la radicolopatia, ovvero la compressione meccanica con conseguente infiammazione delle radici nervose emergenti dalle vertebre cervicali (principalmente la sesta e settima). La compressione può verificarsi in maniera acuta (ad esempio in seguito all’erniazione del disco) oppure cronica, e si manifesta con un dolore tipicamente irradiato dalla spalla o schiena verso il braccio, talvolta accompagnato da spasmi dolorosi e sintomi neurologici (debolezza, formicolio o ridotta sensibilità).
Infine, la mielopatia (compromissione del midollo spinale) è la manifestazione più rara, ma anche la più pericolosa. La compressione meccanica del midollo, in concomitanza al gonfiore provocato dall’infiammazione, porta a sintomi neurologici progressivamente ingravescenti, tra cui riduzione della destrezza manuale, disequilibrio, perdita di sensibilità a mani o piedi, disturbi urinari e della canalizzazione intestinale.
Come diagnosticarla
Bisogna tener presente che la quasi totalità delle persone con più 50 anni ha una degenerazione della colonna cervicale evidenziabile agli esami radiologici. Pertanto, la radiografia della colonna non deve essere eseguita in tutti i casi di dolore cervicale, ma solo nelle situazioni in cui tale sintomo è persistente, preoccupante o associato a manifestazioni neurologiche (in tal caso, meglio eseguire la radiografia in diverse proiezioni, statiche e dinamiche, per evidenziare eventuali instabilità o limitazioni motorie). Quando si sospetta il coinvolgimento del midollo spinale è invece indicato effettuare una risonanza magnetica, esame che fornisce informazioni non solo sull’osso, ma anche sul midollo e sui tessuti circostanti. Se tale esame non è disponibile, è possibile eseguire una TC della colonna cervicale. Ulteriori esami come l’elettromiografia possono apportare dati su un eventuale danno nervoso e sulle radici interessate.
Le strategie terapeutiche e preventive
Il trattamento della spondilosi cervicale degenerativa dipende dall’intensità dei sintomi e dall’eventuale interessamento radicolare e midollare. Nelle persone che non hanno manifestazioni neurologiche, il dolore al collo viene gestito attraverso farmaci analgesici e approcci conservativi, come la fisioterapia.
Quando esiste una radicolopatia associata, oltre alla terapia antidolorifica sono disponibili altre opzioni tra cui l’iniezione epidurale di cortisonici, la fisioterapia, la trazione cervicale o una temporanea immobilizzazione tramite collare. Se, nonostante questi presidi, i sintomi nerologici peggiorano nel tempo, è indicata una valutazione chirurgica.
La presenza di un danno al midollo spinale rende generalmente necessario un approccio neurochirurgico. La decompressione midollare e la contestuale stabilizzazione della colonna vertebrale possono essere ottenute attraverso un approccio anteriore, posteriore o antero-posteriore combinato; la durata della procedura e i tempi di recupero variano da caso a caso, a seconda della gravità clinica e della tecnica utilizzata.
A tutt’oggi, non è chiaro come mai solo alcune delle persone con degenerazione cervicale abbiano sintomi, mentre altre, pur con quadri radiologicamente simili, non ne riferiscano. È possibile che alcune conformazioni congenite possano predisporre allo sviluppo di manifestazioni cliniche negli anni. Ma ci sono anche elementi su cui possiamo agire: praticare regolare esercizio fisico, mantenere una corretta postura ed evitare traumi locali sono norme utili per prevenire il danno. Studi recenti hanno inoltre osservato come il tabagismo e l’obesità siano maggiormente associati a questo disturbo, e vanno perciò evitati in un’ottica di prevenzione. La spondilosi cervicale degenerativa è una condizione diffusa e con implicazioni cliniche di gravità variabile: con le giuste precauzioni e il consiglio del medico è possibile affrontarla al meglio.